Nel continuo silenzio dei media italiani la colonizzazione israeliana della Palestina prosegue senza sosta
21aprile 2016 di Franco Dinelli
La crescente diminuzione di presenze turistiche va di pari passo al sempre più crescente spiegamento di soldati e di contractor. Chi ne fa le spese sono le inesistenti finanze palestinesi. Ad Israele arrivano infatti compensazioni economiche dagli USA e dai loro confratelli sparsi nel mondo.
Il giorno di Pasqua a Gerusalemme vecchia non pare proprio un dì di festa. Strade deserte e luoghi santi solo in parte affollati. I coloni sempre più calcano il vecchio selciato. Occupano le case con la forza ma più spesso inondando di denaro i proprietari spesso assillati da problemi enormi posti dalle autorità civili, israeliane. Sono accompagnati da guardie del corpo che fanno la spola da un capo all’altro delle mura, dove vengono chiamati. Si muovono veloci e con il fare sospetto che si può vedere solo nei film di azione quando i protagonisti sono in aree altamente pericolose.
Anche Hebron, il sabato santo, appare sempre più morta nel suo centro storico. Vicino alla moschea di Abramo la scena è surreale: bambini palestinesi che giocano col poco che hanno, mentre soldati armati di tutto punto osservano annoiati se non infastiditi. Alle loro spalle gli ebrei che vanno a pregare nella metà della moschea adibita a sinagoga sembrano figure bibliche con le loro barbe lunghe. Hanno però solo sembianze di Abramo, Isacco e via dicendo, che di qua sono passati molti anni fa con altro spirito e disposizione d’animo.
Andare a Nablus è di nuovo un’impresa a volte impossibile per chi non conosce le scorciatoie che passano per le colline intorno attraversando piccoli villaggi dove la vita appare scorrere in modo più normale. La strada principale è infatti bloccata da soldati che in uscita dal centro controllano le auto con puntiglio. Fanno scendere i passeggeri e li dispongono a gambe e braccia allargate per poi perquisirli da cima a fondo. Una volta il checkpoint di Hawara forse era più permeabile.
L’abitudine a vedere persone armate in Israele o nei Territori Occupati è contagiosa. Lo sta diventando anche nei cosiddetti luoghi sensibili, come i grandi monumenti italiani. Ad esempio in piazza dei Miracoli, i soldati scherzano con i passanti mentre il loro mezzo blindato è parcheggiato a due passi dalla Torre Pendente. Dove sarà questa pretesa maggiore sicurezza, mi domando. L’abitudine all’uniforme e alle armi pesanti è forse lo scopo. La guerra in luoghi lontani è così una cosa quasi accettabile, senza che se ne sappia nulla, come la sbandierata maggiore sicurezza dei civili.