Privatizzazioni, migrazione e repressione in Honduras

22ottobre 2018 di Gilberto Ríos Munguía, Leader del Partito “Libertad y Refundación”. Tratto da El Pulso, traduzione di Matteo ricci

 

L’acuirsi dei problemi economici in Honduras è una conseguenza diretta dell’esasperazione del modello neoliberista. Questo ha esattamente le stesse conseguenze in tutti i Paesi in cui è stato applicato ed è importante capire che il capitalismo non è altro che ciò che conosciamo e non l’immagine idealizzata che espongono coloro che non prendono nemmeno in considerazione modelli alternativi nelle relazioni di produzione, altri modelli di transizioni o di negazione delle caratteristiche fondamentali di questo sistema.

Ogni misura economica applicata in ogni settore tende a concentrare la ricchezza sociale nella stessa élite che controlla lo Stato attraverso le sue espressioni politiche, nel nostro caso il bipartitismo e i loro partitelli di appoggio. È evidente il deterioramento dei beni e servizi pubblici, oltre ad un notevole aumento dei bilanci di sicurezza e di difesa, che sono la garanzia di una risposta repressiva di fronte alle rivolte, al dissenso o alla critica che sorge spontanea in risposta alle misure aggressive e lesive per l’interesse popolare. 
Organizzazioni sociali, partiti politici di opposizione, movimenti di protesta, intellettuali preoccupati per il Paese, mezzi di comunicazione alternativi, tutti senza eccezione vivono una forma di repressione, emarginazione, censura e autocensura che limita la crescita del pensiero e dell’azione contro il regime il quale espropria diritti, possibilità di vita e libertà. Non sono pochi coloro che anche sotto minaccia sollevano le loro voci e promuovono l’organizzazione per la liberazione, ma sono ancora assenti importanti fattori per unificare e far sollevare tutto il malcontento sociale generato e accumulato. 
Di fronte alla crisi economica e alla repressione, la popolazione è costretta a migrare in cerca di opportunità; l’impotenza e la necessità li spinge a trovare nuovi itinerari di fuga verso il nord. Questa volta non solo sfidano le mille e un’avversità del loro viaggio, ma anche l’opinione pubblica nazionale e internazionale. Compiendo la loro migrazione collettivamente e pubblicamente, aprono una nuova fase in cui si pongono le masse migranti, che una volta viaggiavano clandestinamente e che oggi marciano a testa alta come chi urla la propria calamità. Le immagini sono strazianti e il potere, nazionale e straniero, si trova di fronte a una realtà innegabile.

Le foto e i video che circolano fanno pensare all’Europa che riceve migrazioni massicce a causa al sostegno che i suoi Paesi hanno fornito alle guerre di invasione e saccheggio in Africa e nel Medio Oriente. Ora lo stesso fenomeno si riproduce per gli Stati Uniti, essendo essi stessi direttamente responsabili dell’applicazione del modello economico neoliberista e anche per aver impedito la democrazia quando sostennero il colpo di stato del 2009 e i brogli elettorali del 2013 e del 2017.

Non sazi dei risultati ottenuti finora, l’aumento del costo della vita, la progressiva privatizzazione di importanti istituzioni per i cittadini come la Estatal Electrica (ENEE) e l’Istituto Nazionale di Formazione Professionale “Università dei poveri” (INFOP), la tendenza è verso un maggiore aggravamento della crisi economica e delle contraddizioni sociali. Sorgono i sospetti su un progetto di grande portata non più solo finalizzato alla totale scomparsa di aziende pubbliche, ma addirittura dello stesso Stato / Nazione, come suggeriscono alcuni analisti a proposito dei veri scopi corporativistici delle élite mondiali, il cui l’obiettivo finale sarebbe la creazione di Paesi emarginati, come hanno fatto in Afghanistan, Libia e Iraq e come stavano per realizzare in Siria, fermati dal tempestivo intervento del presidente Putin e dell’esercito russo.
Sui social network e in altri pochi spazi, le voci più critiche chiedono la mobilitazione popolare, ma oltre alle leggi, le azioni del regime si sono focalizzate sulla violazione dei diritti di manifestazione della popolazione e l’evidenza di ciò sta nei recenti assassinii e nei prigionieri politici, nelle espulsioni e negli altri trattamenti la cui impunità rappresenta una pressione inevitabile su tutti gli attori sociali al momento in cui verranno chiamati a reagire. Lo stesso 30 agosto scorso, data della ultima grande manifestazione nella capitale della Repubblica, convocata da “Convergencia Contra el Continuismo”,  sono stati rapiti e uccisi i due giovani studenti Mario Suarez (19 anni) e Daniel Meza (18 anni), entrambi ritrovati con segni di tortura, ammanettati ed assassinati nel classico stile degli squadroni della morte. In seguito un video avrebbe incolpato direttamente i corpi repressivi dello Stato (in particolare l’Agenzia tecnica di investigazione criminale), senza che l’indagine ufficiale del caso potesse trovare i responsabili. Quella stessa data è stata commemorata a livello nazionale e internazionale come giorno del detenuto / desaparecido; i corpi dei giovani sono stati trovati a “La Montañita”, un luogo in cui, anche negli anni Ottanta, vennero collocati 16 corpi delle vittime della “Dottrina della sicurezza nazionale”.

L’impunità di questi crimini costituisce lo Stato di impotenza in cui si trova la popolazione honduregna;  è la repressione indiretta che pregiudica la partecipazione alle proteste, che limita l’attività aperta delle organizzazioni sociali; è l’azione concreta che reprime i diritti umani della popolazione e che rinvia la possibilità di democrazia e prosperità. 
Come disse Mariategui -marxista peruviano della prima metà del XX secolo “la rivoluzione non sarà né calco né copia, ma una creazione eroica” e questo certamente è il tempo del coraggio e della creatività popolare, la quale deve riuscire a superare la repressione, ingannare le bugie dei media corporativi e imporre un nuovo corso ai destini della nazione; la morte non deve essere un ostacolo, la dignità del popolo è una risorsa sufficiente per ricominciare la lotta e ottenere la vittoria.

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