Pur di avere un lavoro, i “7 minuti” di Michele Placido

Presentato nella selezione ufficiale all’ultima festa del cinema di Roma,  esce nelle sale “7 Minuti” di Michele Placido,  dal testo teatrale “7 minuti” di Stefano Massini edito da Einaudi e tratto da una storia vera

4novembre 2016 di Donatella Nesti

placido

I proprietari di un’azienda tessile italiana cedono la maggioranza della proprietà a una multinazionale. Sembra che non siano previsti licenziamenti, operaie e impiegate possono tirare un sospiro di sollievo. Ma c’è una piccola clausola nell’accordo che la nuova proprietà vuole far firmare al Consiglio di fabbrica.  Undici donne dovranno decidere per sé e in  rappresentanza di tutta la fabbrica, se accettare la richiesta dell’azienda. A poco a poco il dibattito si accende, ad emergere prima del voto finale saranno le loro storie, fatte di speranza e ricordi.  Un caleidoscopio di vite diversissime e pulsanti  vite di donne, madri, figlie.

7-mnuti-foto“7 minuti” è una storia vera, accaduta in Francia, a Yssingeaux, nel 2012” dice il regista “undici donne, tra operaie e impiegate, di nazionalità diverse, chiamate al tavolo di una trattativa di lavoro, hanno di fronte una multinazionale tessile. Materia di grandissima attualità nell’Europa di oggi, come in Francia o in Italia e non solo, se si pensa alla crisi che si è aperta in questi giorni con l’uscita della Gran  Bretagna dall’Unione Europea. Undici donne, messe alla prova da un’ambigua offerta di rinnovo di contratto, devono decidere in poche ore il destino delle trecento colleghe che aspettano il verdetto fuori dalla fabbrica. Pur essendo questo film materia sociale di grande attualità, quello che più mi ha intrigato è il meccanismo di suspense che io e Stefano Massini abbiamo messo in scena. Perché l’altro grande protagonista del film è il Tempo. Il Tempo in cui, in pochissime ore e in nome di quegli emblematici 7 minuti, le nostre protagoniste dovranno mettersi a confronto. In una società in cui il divario ricchi-poveri si accentua sempre di più e il confronto sindacale o ideologico viene sempre meno, emergeranno soprattutto gli aspetti personali, i propri bisogni, il proprio ego e anche la propria disperazione. Questo film, soprattutto durante la lavorazione, mi ha fatto pensare molto a “La parola ai giurati”, scritto da Reginald Rose e diretto da Sidney Lumet. Lì, il dubbio di un giurato contro la certezza degli altri nel condannare un probabile innocente, nella nostra storia un’operaia sola contro le sue compagne, pronta a difendere con ostinazione la certezza che dietro quei 7 minuti ci sia una trappola da cui non si potrà più tornare indietro.  Ultima nota: a chi aveva qualche dubbio che sarebbe stato difficile il confronto quotidiano tra un uomo solo e undici donne, voglio sottolineare, invece, che solo grazie a queste meravigliose compagne e suggeritrici quest’esperienza resterà unica nella mia carriera artistica”.

mannoiaIl film, pur con qualche lungaggine di troppo, si avvale di un ottimo cast che esalta le capacità delle interpreti (Clémence Poésy, Anne Consigny, Cristiana Capotondi, Violante Placido, Ambra Angiolini, Fiorella Mannoia, Maria Nazionale, Ottavia Piccolo) rinchiuse in una stanza della fabbrica, dove ognuna dà il meglio e il peggio di sé esaltando le caratteristiche e i bisogni individuali.

La domanda inevitabile che pone il film è: a quale tipo di ricatto sono costretti a cedere i lavoratori e in particolare le donne, pur di avere un’occupazione?

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