Referendum costituzionale, la distanza tra la “cattiva politica” e i cittadini: Lettera aperta a Don Armando Zappolini

 

don Armando Zappolini
don Armando Zappolini

La riforma a microonde

22novembre 2016 da  Maurizio Rovini, Rifondazione Comunista, Casciana Terme Lari

In risposta alla presa di posizione pubblica di Don Armando Zappolini: http://it.blastingnews.com/politica/2016/11/don-zappolini-si-a-referendum-i-toni-sono-troppo-esasperati-serve-ripartire-dal-basso-001272489.html 

lettera aperta a Don Armando

Caro Don Armando, la distanza tra la “cattiva politica” e i cittadini è un divario incolmabile che questa riforma aumenterà ancora di più. La “cattiva politica” ha giustamente trovato il modo di autotutelarsi anche con l’immunità parlamentare e un attivista dell’associazione “Libera” dovrebbe saperlo molto meglio di chiunque altro.

I programmi elettorali della “cattiva politica” nel migliore dei casi non vengono attuati, nel peggiore invece descrivono minutamente degli scenari che, se vengono messi in pratica senza discussione con altre forze politiche e senza la mediazione dei corpi intermedi (associazioni e sindacati), creano dei mostri come il Job Act o la Buona Scuola. La riforma costituzionale, anche se in termini meno precisi, era presente nel programma del PD, ma qual è il programma di Renzi che effettivamente governa e scrive la nuova costituzione, se Bersani, che è stato l’estensore di quel programma che i cittadini hanno votato, voterà No?

Quello che si sta delineando è, giustamente osserva Don Armando, l’incattivimento delle posizioni politiche, ma questo è la diretta conseguenza di quello che lui afferma, ovvero, che in un sistema politico nel quale chi vince attua il “suo” programma escludendo tutti gli altri è chiaro che gli altri faranno di tutto, con i metodi democratici della parola e della discussione anche accesa, per impedire che venga attuato. Non siamo inglesi e non pensiamo che la politica sia un sigaro acceso in un club conversando con il nostro antagonista in modo distaccato e gioviale perché abbiamo il pudding che ci aspetta per cena, la politica, almeno in Italia, è sangue e interessi che non possono conciliarsi per definizione e se salta la mediazione politica di un Parlamento come quello delineato dai padri costituenti, ho l’impressione che possa saltare tutto, in un senso populista nel migliore dei casi o in senso di ingovernabilità assoluta nel peggiore. Proprio il contrario di ciò che si auspica con il voto su questo Referendum: se salta la mediazione degli interessi tra le forze politiche antagoniste in Parlamento, nel quale le leggi non vengono fatte solo dal governo, come in questa riforma, ma vengono fatte cercando quella mediazione e quei compromessi che sono l’anima di ogni convivenza civile, muore l’anima di questo paese e muore questo paese come entità distinta dagli altri paesi.

Per questa ragione le grandi concentrazioni finanziarie applaudono a questa riforma, perché possono finalmente operare senza ostacoli in un paese che aveva le autonomie territoriali, i sindaci, le province, le regioni, i quali avevano il potere di opporsi agli investimenti più compromettenti dal punto di vista ambientale, sociale e culturale.

La preoccupazione che Don Armando esprime sulla tenuta del welfare di questo paese è mal indirizzata: il welfare rimarrà, ma solo come sostegno a banche e assicurazioni italiane ed estere che investiranno nella sanità e nel sociale, non per coinvolgere i cittadini, gli utenti, i malati, gli immigrati, ma per estrarre valore, soldi, dané. E queste decisioni, ha ragione Renzi, devono essere immediate, prima che la gente se ne renda conto, prima che possa organizzare una reazione, prima che faccia un Referendum abrogativo, prima che muova le forze politiche per impedirlo.

Allora se Don Armando pensa che questo è il primo passo nella direzione di un cambiamento del sistema non possiamo che dargli ragione, ma non credo che lo scenario che si delineerà sia tanto diverso da una dittatura tecnoburocratica destinata al fallimento. Dopo il Sì alla riforma attaccheranno anche le associazioni, aziendalizzandole, già ora lo stanno facendo, e aziendalizzandole le indebiteranno fino al collo, per poi o ricattarle o eliminarle. Dov’è lo spazio per i senza parte, per i senza voce, che ruolo avranno in un paese costruito così?

I nostri costituenti avevano in qualche modo consegnato alle generazioni future uno strumento che doveva servire per impedire un nuovo fascismo, anche mascherato con altre forme e con altri contenuti. Fin dal 1948 le forze politiche non hanno fatto altro che tentare di modificare la costituzione per impedire che il popolo italiano, nella sua totalità, esprimesse direttamente la sua sovranità, senza escludere nessuno. Il Sud, la classe operaia, i contadini, le donne, i giovani e oggi gli immigrati sono rimasti fuori dal banchetto e quelle poche volte che si sono conquistati un posto a tavola sono stati denigrati e tacciati di rubare quel poco che gli spettava. Non devo essere io a ricordare ad un prete il suo mestiere, ma mi sembra che la riforma di Renzi abbia in mente solo un tavolo prenotato da Farinetti, al quale non cadono più nemmeno le briciole perché mangiano pappe preriscaldate dalle corporation. Una riforma riscaldata da un microonde ci sta indigesta, mi dispiace, credo che stavolta la sua scelta sia stata poco meditata e poco coraggiosa e la invito a ripensarci.

Con stima e affetto, Maurizio Rovini, Rifondazione Comunista, Casciana Terme Lari.

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