“Se sarà Luce sarà Bellissimo-Moro: Un’altra storia”. 16Marzo 1978-16marzo 2016

Via Fani. Cinema, uomini, e rabbia: “Se sarà luce sarà bellissimo-Moro: Un’altra storia” drammatico, politico, regia di Aurelio Grimaldi, 2004

16marzo 2016 di Enrico Bulleri

moro sesaralucesarabellissimoAldo Moro/Roshan Seth, ai suoi carcerieri delle Brigate Rosse: “Io sono un uomo mite, la politica è sporca, fatta da mediocri, la cura non sempre è della democrazia ma, la ricerca dei voti.”

Con questo film, Aurelio Grimaldi ha dimostrato che è ancora possibile, avendone il coraggio, intraprendere la ricerca per veicolare ben altre verità, non addomesticate o preconfezionate, persino in Italia. Sulla cruciale e dolorosissima “Operazione Fritz” di Via Fani e i successivi disperati e mestissimi 55giorni del sequestro, sono stati versati fiumi d’inchiostro, tra migliaia di articoli, libri, cinque processi durati oltre un ventennio a partire dal Moro Quater: Un profluvio di ripetute “confessioni” e “controconfessioni” dei brigatisti, un’infinità di deposizioni più o meno spontanee ed accordate, mentre forse uno solo di essi il “pentito” più famoso Peci, scrisse un libro davvero illuminante e molto importante, “Io l’infame”.

moroChe cosa può tentare di dirci ulteriormente un film in due ore, in particolare se il punto di osservazione, di quegli avvenimenti non vuole essere soltanto nella prospettiva di un’atmosfera “conciliatoria” e “autoassolutoria” di quegli anni, ma ricordando, invece, quel clima di indignazione dei molti, che ha caratterizzato quei giorni del lontano 1978. E nell’intento dell’operazione, portata avanti con questo film, possiamo affermare che Grimaldi è stato molto bravo. E’ stato bravo scegliendo di rappresentare, quei giorni bui, da “Notte della Repubblica” con i toni accesi, arrabbiati fino anche al fanatismo, delle ore stesse nelle quali Aldo Moro, venne rapito da un commando delle Brigate Rosse, dopo una sanguinosa strage.

Tutto questo avvenne il 16marzo del 1978 a Roma in Via Fani, traversa di Via della Camilluccia in quartiere di Monte Mario, proprio quello stesso giorno, il Governo presieduto da Giulio Andreotti avrebbe dovuto aprire le porte, per la prima volta nella storia della Repubblica, all’entrata dei comunisti di Berlinguer, a compimento del percorso del “compromesso storico”.

Quel giorno, e i successivi 55 del sequestro provocarono un terremoto persino in un paese come l’Italia, abituato da sempre a sopravvivere quasi indenne e dimentico praticamente a tutto, le stesse Brigate Rosse ne uscirono inconsapevolmente e definitivamente sconfitte, anche se al momento sembravano allo zenith della loro potenza. Ma, un’onda lunga avrebbe comunque portato la D.C. al suo cataclisma con lo Tsunami di Tangentopoli nel 1992

moro lettereLe lettere dalla prigionia di Moro, soprattutto le decine indirizzate alla Democrazia Cristiana, ebbero un effetto devastante, un fatto, al momento poco riconosciuto e sottovalutato sull’impatto che avrebbe avuto, non solo nella DC, ma sull’intero scenario politico. Infatti, dopo cinque anni, nasce il primo governo con un Primo Ministro non democristiano, il repubblicano Spadolini, seguito da quello del PSI, Craxi; attuandosi così la definitiva cancrena e il seguente disfacimento di quel sistema politico, espressione della Prima Repubblica. Il Pci invece, l’altro pilastro del “Partito della fermezza”, oppostosi ad ogni possibilità seria e concreta di trattativa con le BR, si vide sbarrata definitivamente ogni possibilità di accedere al Governo, avviandosi, verso lo sfascio e la parcellizzazione, dopo la scissione della Bolognina e con le successive mutazioni genetiche.

Moro scrisse in una delle sue lettere un celeberrimo anatema: “il mio sangue ricadrà su di voi”

Sarebbe stato il titolo del secondo capitolo girato da Grimaldi, nella previsione di una trilogia (mai realizzata) che, seppur soltanto metaforicamente, pare essersi compiutamente realizzato con la convulsa ed epocale implosione della Prima Repubblica.

In questo bel film, Grimaldi ci espone gli eventi finalmente senza didascalismi illustrandoli per piani separati. Innanzitutto ci mostra come in nessun altro film girato sul periodo degli anni di piombo, che lo Stato oltre ad essere quasi completamente inadeguato e pachidermico di fronte ad una sfida portata alla sua massima intensificazione, da parte di un’avanguardia combattente, è anche uno Stato miope che sa opporsi soltanto con la promulgazione delle famose leggi speciali, le quali giunsero a mettere a rischio le libertà fondamentali dei cittadini, oltre a provocare a sinistra, nell’autonomia extraparlamentare come anche nella stessa base del PCI, un grande conflitto con quanti erano contrari al “compromesso storico”. Fu proprio in quei giorni che vennero espulsi dalla Cgil alcuni delegati sindacali, colpevoli soltanto di aver diffuso un volantino con il famoso slogan “Né con lo Stato, né con le Br”.

Il film di Grimaldi è pure rimarchevole per come riesce bene e meglio di ogni suo predecessore, a calarsi nel clima e nell’atmosfera plumbea e allucinata di quel periodo, quando a cadere vittima è uno degli uomini più rappresentativi di quello Stato che paradossalmente è nel suo momento di maggiore debolezza ed impaccio, facendo anche trasparire come il Governo fosse internamente diretto dagli esperti americani dell’antiterrorismo, completamente sottomesso ai loro interessi, mostrando una faccia feroce e un emergenzialismo di facciata. Un famoso aneddoto, riferito dalla vedova di Moro in seguito alla sua tragica fine, si riferisce ad un inquietante episodio avvenuto al marito durante la sua ultima visita di Stato negli Stati Uniti, quando il Segretario di Stato americano Henry Kissinger in un incontro a Washington avrebbe ammonito Moro per la sua apertura ad un probabile appoggio dei Comunisti al governo, con la seguente affermazione: “potrà avere tragiche conseguenze” . Quel viaggio di Stato si concluderà con un malore di Moro durante una messa nella Cattedrale di San Patrick a New York. Il pesante avvertimento fu sempre smentito regolarmente in primis da Cossiga ed Andreotti. Dati gli interessi custoditi e le verità nascoste dai due, merita certamente ampio credito la rivelazione della Signora Moro.

Molto bravo l’attore britannico-indiano Roshan Seth (il quale aveva interpretato anche Nehru nel Kolossal “Gandhi” [’82] di Richard Attenborough) che interpreta nel film la figura dell’On. Moro, ci restituisce abilmente la passione di quei giorni di prigionia, coinvolgenti anche tutti i protagonisti, compresi i carcerieri.

moro.Senza facilitazioni buonistiche e scappatoie catto-comuniste alla “Buongiorno, notte” di Marco Bellocchio, viene rappresentata la figura di un Aldo Moro umano e dai forti sentimenti, ma senza ritrarsi dal mostrarci anche tutte le sue amletiche incertezze, e le sue ignavità, quando era a capo di governi monocolore DC, stessa cosa possiamo dire nella descrizione delle divisioni che si produssero tra gli stessi BR, quelli irriducibili dell’ala più militare (Mario Moretti e Prospero Gallinari), e quelli più dubbiosi e possibilisti su una scarcerazione di Moro (Valerio Morucci e Adriana Faranda) che però non facevano parte della Direzione Strategica.

Il film di Grimaldi è quello più “politicamente scorretto”, fra tutti quelli che sono stati realizzati in Italia sugli anni di piombo, ed è anche quello più cronachistico e meno narrativo, quello che riesce a ricostruire meglio le posizioni e le inestricabili ambiguità ed eterodirezioni di convergenti e paralleli interessi, per dirla con Moro, “dell’attacco al cuore dello Stato”. Ricostruendolo con quello che manca a quasi tutti i film italiani che vorrebbero rievocare quei fatti: l’invenzione registica. Grimaldi è perciò riuscito a realizzare un film veramente di vibrante drammaticità e non soltanto di impotente didascalismo ma, per una volta di violenta indignazione, sconvolgente nella sua virulenza, ma solamente per chi non ha vissuto quel periodo. Qui è lo Stato che ne esce davvero con un’immagine a pezzi, anche perché il film riesce a conferire un’adeguata prospettiva storica.

moro brHo apposto in testa a questa recensione una frase di Moro nel film che lo riassume interamente, la su raffigurazione è quella in pieno declino psicologico e morale, duramente provato dalla tragica e disperata esperienza, probabilmente rassegnato alla sua prossima e consapevole morte. Lo statista, riconosciuto da entrambi gli schieramenti, colui di cui tutti avevano bisogno, da Rumor, a Restivo e Gui per potersi solo fare imbeccare a prendere decisioni, nei momenti più bui, come ad esempio quello dopo Piazza Fontana, (come mostrato nell’ultimo film di Giordana), è stato cinicamente fatto passare per pazzo, dagli stessi dirigenti DC, i quali sproloquiano di Sindrome di Stoccolma, questa volta invece imbeccati da Steve Pieczenik, l’esperto di strategia antiterrorismo inviato a Roma dal Governo americano, e che nei fatti, sarebbe stato tra i veri direttori occulti dell’operazione.

In una delle rare recensioni presenti e reperibili in Italia di questo film, ampiamente boicottato nel 2004, citando Carlo Levi e “Il Coraggio dei miti” e, in riferimento auspicabilmente anche al popolo d’Italia che apparentemente prono e servilmente sottomesso, nei passaggi più tragici della Repubblica può utopicamente alzare finalmente la testa e dimostrare il meglio di sé, esigendo di chiedere conto al potere del suo sporco e sempre cinico operato. Trattandosi di Moro, con quella frase forse voleva comunicare ciò che dice in un passo il suo amato Vangelo: “beati i semplici”. L’uomo, l’essere umano, che viene fuori dall’immagine de-umanizzata dello statista. A differenza del commissario interpretato magnificamente da Gaetano Amato, torturatore di innocenti presunti brigatisti, su mandato stesso dello Stato, e quindi del potere governativo.

Il film si chiude con la frase che dà il titolo al film, contenuta nell’ultima, straziante lettera ai figli, al piccolo amatissimo nipotino, alla vedova Norella, forse sì, davvero un anelito ed un augurio: “ Se ci sarà la luce, sarà bellissimo”.

 

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