Tecnici e bidelli aspettano ancora milioni dalla scuola. Settantamila lavoratori a cui non sarebbe stata riconosciuta l’anzianità maturata fino al 2000

andrea-monti1Di: Andrea Monti

Sono passati 15 anni dall’inizio della vicenda, e i ricorsi ancora pendenti sarebbero quasi 15mila. Parliamo del passaggio dei lavoratori della scuola Ata (personale amministrativo, tecnico e ausiliario) e Itp (Insegnanti tecnico pratici) dall’ombrello degli enti locali a quello del ministero dell’Istruzione. Si tratta di circa 70mila bidelli, personale amministrativo, insegnanti di laboratorio a cui non sarebbe stata riconosciuta l’anzianità maturata fino al 2000, con perdite conseguenti in termini di stipendi e pensioni. C’è chi ha fatto causa e ha vinto, ma poi ha dovuto restituire i soldi. Del caso si sono occupate anche le corti europee, che hanno emesso l’ultima sentenza a gennaio. In questi 15 anni lo Stato avrebbe risparmiato centinaia di milioni: una somma su cui i ricorrenti rivendicano di avere diritti.

Tra norme e sentenze
grazie-statoIl punto di partenza è la legge 124 del 1999. L’articolo 8 disciplina il “trasferimento di personale Ata degli enti locali alle dipendenze dello Stato”, e dice espressamente che a questi lavoratori sarà riconosciuta “ai fini giuridici ed economici l’anzianità maturata”. Le cose non sembrano essere andate così. «Dopo un anno Cgil, Cisl e Uil hanno fatto un accordo temporaneo con l’Aran, l’agenzia che negozia per conto della pubblica amministrazione. Quell’intesa ha capovolto la situazione, togliendoci diversi anni di anzianità. Io ne avevo 18: me ne sono rimasti tre». A parlare è Vincenzo Lo Verso, responsabile nazionale del Comitato Ata-Itp ex enti locali. «Nel 2001 un decreto inter-ministeriale ha recepito il documento firmato da Aran e sindacati, che a quel punto hanno iniziato a opporsi». Da temporaneo, insomma, l’accordo sarebbe diventato permanente, facendo arrabbiare le organizzazioni dei lavoratori. «Quando fu siglato il documento c’era l’impegno a garantire la ricostruzione delle carriere», ricorda Domenico Pantaleo, leader della Cgil di categoria. Quell’impegno sarebbe stato tradito. E così iniziarono i ricorsi.

“Nei primi anni”, dice Lo Verso, «i tribunali italiani ci hanno dato ragione. Diversi lavoratori hanno ottenuto il riconoscimento dell’anzianità e incassato le somme a cui avevano diritto. Poi è arrivata la finanziaria di fine 2005». Il comma 218 “interpreta” la legge 124 del 1999 a favore dello Stato. «Da allora i giudici del nostro Paese hanno iniziato a darci torto». La questione si è spostata in sede europea. Il Comitato cita due sentenze del 2011 e una dello scorso gennaio: la prima e l’ultima emesse dalla Corte dei diritti dell’uomo, la seconda dalla Corte di giustizia dell’Unione. «Dopo il primo di questi verdetti a noi favorevoli, 124 persone hanno fatto ricorso, ottenendo un indennizzo complessivo di un milione e 800mila euro».

I possibili sviluppi
grazie sSecondo Lo Verso al momento le cause in corso sarebbero 15mila. Se i lavoratori dovessero vincerle, lo Stato potrebbe essere costretto a pagare una grossa cifra. Quanto grossa? La Cgil di categoria dice che il calcolo dell’anzianità applicato dal 2000 in poi ha permesso alle casse pubbliche di risparmiare diverse centinaia di milioni. Nel 2008 il sindacato stimava che fossero 500. Da allora sono passati sei anni, in cui le persone coinvolte avrebbero perso altri soldi in termini di stipendio e pensione. Oggi gli addetti interessati ancora al lavoro sarebbero circa metà di quelli iniziali: gli altri avrebbero raggiunto l’età necessaria per lasciare le aule, senza che il contenzioso collettivo sia stato definitivamente risolto.

La vicenda è intricata, e non si esaurisce qui. Un altro capitolo riguarda chi aveva vinto una causa prima della finanziaria 2006, quella che ha “interpretato” la legge del 1999. Queste persone avevano ottenuto il riconoscimento dell’anzianità che dicevano di avere, e di conseguenza il rimborso dei soldi in più non incassati a partire dal 2000. A questo punto le loro storie si biforcano: quelli che avevano vinto con un verdetto irrevocabile si sono tenuti le somme versate dallo Stato. «Gli altri hanno dovuto restituirle», dice Lo Verso. «Parliamo anche di 60-70mila euro, magari chiesti a famiglie monoreddito». La Cgil di categoria spiega che alcuni lavoratori stanno sborsando anche 400 euro al mese. Come pagare un affitto.

bidello«Noi continueremo a promuovere ricorsi», assicura Domenico Pantaleo, «ma serve una soluzione politica». Di che tipo? Il Comitato nazionale Ata-Itp chiede sostanzialmente tre cose. La prima è il riconoscimento dell’intera anzianità maturata fino al 2000, con adeguamento conseguente di pensioni e stipendi attuali e futuri. Poi un provvedimento che permetta ai lavoratori di recuperare almeno parte dei soldi che avrebbero perso finora. Infine il blocco delle restituzioni di somme allo Stato da parte di chi aveva vinto una causa e si è visto chiedere indietro la cifra ottenuta.

Tutte e tre le richieste, se accettate, comportano che lo Stato metta a bilancio perdite rispetto alla situazione attuale. Il danno per le casse pubbliche potrebbe essere ancora maggiore, se tra qualche anno i ricorrenti dovessero vedersi dare definitivamente ragione dai tribunali. Ma il ministero dell’Istruzione, chiamato a dire la sua sulla questione, ha preferito non rispondere.

fonte: http://www.linkiesta.it/personale-ata-miur

 

 

Recommended For You

About the Author: Pisorno