Venezuela. Intervista di Geraldina Colotti all’economista venezuelana Pasqualina Curcio

“Durante il nostro viaggio in Venezuela come osservatori internazionali in occasione delle elezioni comunali, abbiamo intervistato l’economista venezuelana Pasqualina Curcio, autrice del libro La mano visibile del mercato, guerra economica in Venezuela.”

17dicembre 2017 di Geraldina Colotti, Caracas

Sulla questione economica ci sono critiche al processo, sia dalla destra che nega la guerra economica e afferma che il modello è fallito, sia dalla sinistra che non vuole cedere alle compagnie private. Qual è la sua opinione?

In effetti, ci sono settori che negano la guerra economica, non solo della destra, anche della sinistra. Ci sono anche casi in cui riconoscono la guerra economica, ma le proposte per affrontarla si basano sulle teorie classiche che vengono lette nei testi economici, che ovviamente non tengono conto di ciò che sta realmente accadendo in Venezuela. Non ho dubbi che il popolo venezuelano sia stato attaccato dal grande capitale internazionale fin dal primo momento in cui si è sentito minacciato nella sua decisione di muoversi verso un modello economico, sociale e politico di uguaglianza e giustizia sociale. La ricerca scientifica e quindi rigorosa, che abbiamo condotto, porta alla conclusione che ciò che accade in Venezuela non è una conseguenza del modello economico, ma delle azioni di manipolazione e distorsione dei mercati, della fornitura di beni essenziali, del valore della valuta, distorsione del sistema dei prezzi nell’economia. Questo è il motivo per cui valutiamo la penuria come programmata e selettiva, e l’inflazione come indotta.

Per quanto riguarda la posizione di non cedere alle società private, è importante essere chiari su quali compagnie stiano partecipando a questa guerra economica e come far rispettare le leggi che penalizzano il boicottaggio economico. D’altra parte, lo Stato ha la capacità e le risorse per assumere la produzione di beni e servizi, è lo Stato che genera il 95% della valuta del paese attraverso l’esportazione di petrolio, in tal senso ha assunto settori dell’economia, come ad esempio quello bancario. La più grande banca attualmente operante in Venezuela è pubblica. Il modo di non cedere alle società private è rafforzare il settore pubblico e quello comunale. Il Venezuela ha una caratteristica particolare, il reddito in valuta estera è generato dallo Stato stesso, non continuare a trasferire questi ricavi (chiamati rendita petrolifera) a grandi compagnie private, e invece investirli nel pubblico, nell’economia mista e in quella comunale, è un modo di rafforzare il pubblico e andare verso il socialismo, verso un modello di uguaglianza e giustizia sociale.

Per quanto riguarda i prezzi, è vero che ci sono stati aumenti speculativi programmati? Cosa deve fare il governo per ridurli?

Sì, manipolando il tasso di cambio nel mercato illegale, stanno inducendo l’inflazione in Venezuela.
Questa manipolazione del tasso di cambio illegale, che allarga il divario tra il vero valore della moneta e questo tipo di cambio, non solo danneggia la classe lavoratrice, ma attraverso l’arbitrato, avvantaggia i grandi capitali nazionali e transnazionali. Finché questo continua a succedere, non ci sono incentivi per far cessare le aggressioni contro il popolo venezuelano. La propuesta es establecer políticas orientadas a que esta manipulación del tipo de cambio que realizan por portales web, también afecten a los grandes capitales y en esta medida sean éstos los que contengan tal manipulación. La proposta è quella di stabilire politiche volte a che questa manipolazione cambiaria che si realizza mediante un portale web (come Dolar Today, ndr), colpisca anche i grandi capitali. E penso che questo si possa realizzare

Cosa pensa dell’analisi di Manuel Sutherland?

Ho letto un lavoro di Manuel Sutherland un paio di anni fa, incentrato sulla questione dell’erogazione di divise a prezzo agevolato al settore privato e sui casi attraverso i quali queste società ricevono la valuta estera a cambio favorevole per importare beni corrispettivi che non importano. 
È uno degli aspetti che abbiamo anche mostrato nelle nostre indagini. Evidenziamo il fatto che in questi casi la corruzione è da entrambe le parti, non solo nel settore pubblico. A questo proposito, di recente, lo Stato ha adottato misure contro la corruzione, specialmente negli ultimi mesi, dopo i cambiamenti avvenuti nell’Ufficio del Procuratore generale della Repubblica. Da quello che ho letto in quel momento, l’autore nega l’esistenza di una guerra economica.

Molte persone chiedono perché lanciare un biglietto da 100mila bolivar se nessuno può cambiarlo?

La difficoltà di cambiare la banconota da 100mila bolivar è associata a uno dei meccanismi di guerra economica legati al contrabbando di banconote, comprese quelle di bassa denominazione. È stato un meccanismo utilizzato per generare una destabilizzazione sociale in uno scenario in cui la domanda di banconote è in aumento a causa dei livelli di inflazione. Il problema non è la banconota da 100mila, è la carenza di banconote di piccolo taglio causate dal loro accaparramento e contrabbando di estrazione attraverso il confine.

Cosa pensa della moneta digitale Petro e di quella compensativa Sucre?

Furono iniziative del presidente Chávez, che cercava, con una visione geopolitica, di integrazione, di contrastare l’egemonia del dollaro. Sono stati concepiti per essere implementati in blocchi di paesi, siano essi produttori di petrolio membri dell’OPEC o paesi dell’ALBA. Penso che la politica debba continuare ad essere orientata a garantire un mondo multipolare e multicentrico.

Se lei fosse alla guida del paese, quale misura considerererebbe prioritaria e cosa si dovrebbe fare sul piano economico?

Nel contesto congiunturale, la priorità è fermare l’escalation indotta dei prezzi, generata manipolando il tasso di cambio illegale. Questa manipolazione non verrà interrotta a meno che non colpisca i grandi capitali, come affermato in precedenza. In questo senso, la proposta è di mantenere il controllo sui cambi delle valute generate dallo Stato e allo stesso tempo creare uffici di cambio in cui individui, grandi, piccoli, nazionali e transnazionali possano acquistare e vendere. Il calcolo del valore degli attivi, degli utili e dell’acquisizione di valuta estera per il rimpatrio dei capitali di queste grandi società transnazionali dovrebbe essere effettuato attraverso questi uffici di cambio, senza che lo Stato continui a erogare valuta straniera a tassi preferenziali a questi grandi capitali.
In ambito strutturale, superare il modello basato sulla rendita petrolifera intesa non come dipendenza dal petrolio, non è un problema di modello, il problema è l’uso dato alle entrate che il petrolio genera per il paese. Il trasferimento delle entrate petrolifere ai grandi capitali che per decenni, dal 1976, si sono appropriati di queste entrate e le hanno lasciate fuori dal paese senza investirle nell’economia nazionale. Così come accade in altri paesi del mondo che non hanno petrolio, queste aziende devono rifornirsi con denaro proprio. Invece, lo Stato deve usare queste entrate per inserirle nell’economia nazionale attraverso imprese pubbliche, miste e comunitarie che garantiscono la democratizzazione della produzione in modo da non continuare a dipendere da grandi monopoli transnazionali. Questo è superare il modello basato sulla rendita del petrolio.

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