
Calato il sipario sulla 73à Mostra del cinema, dopo 12giorni di proiezioni che mettono a dura prova anche i più appassionati cinefili, non resta che riflettere su quanto accaduto.
12settembre 2016 da Venezia Donatella Nesti
Dunque il Leone d’oro, dopo che per tutto il periodo ha visto in testa alle classifiche di critici e pubblico “La La Lande”, è volato in Asia nelle Filippine.
Così ha deciso la giuria presieduta da Sam Mendes rendendo felici i cinefili più intransigenti e scontentando gli accreditati ed il pubblico. ”The woman who left” firmato dal regista, sceneggiatore, produttore e attore filippino Lav Diaz ha vinto con un film di circa quattro ore in bianco e nero.
Camera fissa, sequenze di circa un minuto l’una, per portare sullo schermo la storia triste di una donna di mezza età (Charo Santos-Concio) che si trova costretta a ripercorrere la sua vita a ritroso dopo essere stata ingiustamente reclusa per ben trent’anni in un carcere. Per lei c’è la ricerca di un figlio che non vede da trent’anni e anche una vendetta meditata durante tutta la sua vita carceraria. Liberamente tratto dal racconto breve ‘Dio vede quasi tutto, ma aspetta’ (1872) di Lev Tolstoj, il film dimostra che “l’esistenza è fragile.
Alla fine di una giornata, in fondo, noi non sappiamo nulla”, ha sottolineato il regista. Dopo aver vinto il premio, Diaz ha detto: «Lo dedico al mio paese, ai filippini, alla nostra lotta e alla lotta dell’umanità».
Fino ad ora nessuno ha comprato il film e quindi probabilmente nessuno lo vedrà in sala, inevitabile chiedersi se tutto ciò abbia un senso. Quindi dopo ‘Desde alla’di Vigas del 2015, ”Il Piccione filosofo sull’albero” di Anderson del 2014 ed altri del genere abbiamo ancora un Leone che nessuno vedrà.
Mi chiedo a che cosa pensano le giurie quando ignorano completamente i gusti di un pubblico colto ed appassionato, i critici e soprattutto il pubblico delle sale che fugge inorridito al solo sentire le recensioni. Quest’anno a Venezia c’erano tantissimi film di qualità tra i quali ben sette statunitensi con il rischio di non vederli più partecipare a Venezia ma preferire Toronto più vicino e più aperto alle trattative commerciali. Non si capisce dunque che è possibile coniugare qualità e divertimento, spettacolo ed impegno come i tanti film presenti alla Mostra hanno dimostrato.
Giusto premio della sezione “Orizzonti” alla spezzina Federica di Giacomo con il coraggioso “Liberami” una straordinaria inchiesta sull’esorcismo a Palermo.
Nulla a che vedere con L’Esorcista di William Friedkin e con gli altri film del genere infatti le sequenze dedicate a esorcismi individuali e collettivi sono girate dal vero e chiaramente impressionanti, anche perché il punto di vista della regista si mantiene neutro, mostrando solo ciò che accade e restituendo in modo cruento la lotta tra questi malati, i loro demoni e il lavoro dei preti. Il fenomeno degli esorcismi è oggi trasversale, in incremento anche nelle altre diocesi italiane, ed è un nervo scoperto della nostra società, perché porta a interrogarci sulla dimensione irrazionale che sta dentro ognuno di noi. Federica Di Giacomo, antropologa, con Liberami solleva domande inquietanti mostrando anche i disturbi di teenagers e giovani che poco hanno a che spartire con la religiosità e con un contesto cattolico. Nel ricevere il premio la regista ha ringraziato in modo speciale Padre Cataldo della confraternita Maria SS. L’unica nota positiva per il cinema italiano quest’anno presente a Venezia con pellicole mediocri. D.N.