Don Bosco, detenuto si toglie la vita a soli 21 anni, poi la rivolta. Cronaca di una morte e protesta annunciata

Quanto accaduto nella drammatica e convulsa giornata del 30 settembre chiama in causa tutta la comunità

31agosto 2017

da Rifondazione Comunista, Pisa:

Il suicidio di un ragazzo di appena 21 anni, a cui è seguita la pesantissima e drammatica rivolta nelle mura del carcere Don Bosco occuperà le prime pagine della cronaca locale. E poi come è avvenuto anche in passato, il carcere continuerà ad essere un luogo separato, invisibile, dimenticato. Gli esperti leggono questi atti drammatici come un estremo, doloroso tentativo di stabilire una comunicazione, una relazione con il mondo esterno, e di uscire dalla condizione di invisibilità. Sono un atto di denuncia per le condizioni di invivibilità della struttura, per la restrizione degli spazi di libertà interni, per la pesante riduzione di attività di socializzazione, imposte durante l’estate per questioni di sicurezza.

A coloro che stanno pensando che in fin dei conti la popolazione carceraria “se lo merita” ricordiamo che questi ambienti disumani non sono solo spazi di pena ma anche luogo di lavoro per molti uomini e donne. Operatori e operatrici, polizia penitenziaria, addetti ai servizi, personale sanitario come coloro che scontano la pena – prima di tutto poveri – sono costretti a svolgere il loro lavoro in assenza di qualsiasi minima garanzia di sicurezza, al caldo torrido, spesso senza acqua o con inquinamenti di qualsiasi tipo. Non a caso gli interventi dei vari sindacati – di cui alcuni non condividiamo toni e proposte – oggi come in passato si accavallano.

Denunce che il Garante dei diritti delle persone private della libertà nel suo ultimo rapporto ha ben evidenziato, puntando il dito, tra l’altro, sull’urgenza della attuazione di almeno sessanta interventi manutentivi all’interno dell’istituto pisano. Ma nulla è stato fatto. I problemi strutturali, le carenze di servizi il sovraffollamento sono ormai diventati a Pisa come nella maggior parte delle carceri italiane la drammatica normalità nell’assenza di qualsiasi politica nazionale.

Da anni, in innumerevoli occasioni, abbiamo chiesto a tutte le istituzioni preposte e in particolare al Comune di Pisa che si adottassero misure concrete per superare la distanza tra il territorio e il carcere e la stessa richiesta è stata rivolta da associazioni, operatori, altre forze politiche. Per ben due volte il Consiglio Comunale ha impegnato la Giunta ad adoperarsi per assicurare interventi concreti e praticabili per migliorare a condizione estrema di vita dei detenuti. Riteniamo che mai come adesso sia urgente e prioritario non dimenticare: pur con un ritardo inaccettabile, chiediamo che il Sindaco dia un segnale forte e risponda con atti concreti alla richiesta di diritti e visibilità di un ragazzo suicida.

Da “Delegati e lavoratori indipendenti” Pisa:

Prima del suicidio  di un giovane detenuto nel carcere don Bosco di Pisa ce ne sono stati, solo nel 2017, altri 29 e questi dati confermano la necessità di portare al centro della attenzione  la questione carceraria.  Nei carceri italiani si muore anche per malattie contratte tra le sbarre, molti istituti di pena sono strutture obsolete,  il sovraffollamento è una costante in tutta la penisola e lo stesso Ministero di Grazia e Giustizia ha emesso più di una circolare per la prevenzione dei suicidi.

Tra le cause dei sucidi c’è sicuramente una condizione disumana o la impossibilità di avere vicino i familiari, per i detenuti non soggetti a censura  potrebbero  essere incrementate le autorizzazioni perle telefonate, il coinvolgimento dei detenuti in percorsi di recupero (studio, lavoro e socializzazione) sono sicuramente inadeguate. Il ricorso all’isolamento è un altro dei problemi che genera patologie psichiatriche difficili da curare in cella.

Esiste una autentica emergenza carceraria ma non ci sono abbastanza educatori, assistenti sociali, medici, psicologi, direttori come scrive anche l’associazione Antigone della quale condividiamo le 20 proposte per la riforma del sistema sanitario: http://www.associazioneantigone.it/upload2/uploads/docs/ordinamentoproposteantigone.pdf

Sicuramente il carcere va visto e analizzato non solo dal punto di vista delle guardie ma anche da chi sta dietro le sbarre senza dimenticare poi che numerosi reati, per esempio quelli legati al consumo di droga, potrebbero avere misure alternative alla detenzione. Il tasso di civiltà di un paese , la sua democraticità si misura anche dalle condizioni dei carceri e l’Italia non è certo un esempio da seguire.

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