Domani, sabato 28, in Piazza dei Cavalieri, alle ore 19:00, si terrà il gioco del Mazzascudo, l’antenato del gioco del Ponte
27maggio 2016 di Enrico Zini
È ritenuto, dai più, nato nel 1264, quando i pisani, dopo aver devastato la campagna lucchese, assediarono la stessa città giocando proprio sotto le sue mura. Tuttavia la prima menzione risale a un secolo prima, il 1168, quando secondo il Maragone, il Mazzascudo si svolse sull’Arno ghiacciato.
Sembra, infatti, che questo gioco sia stato inventato durante la Prima Repubblica Pisana, quando Facea Pisa tremar l’acqua, e la terra, per dar dalla Città perpetuo bando all’ozio. I nostri antenati forse presero spunto, come sostiene Camillo Ranieri Borghi nel suo libro L’Oplomachia pisana, da un esercizio militare che i greci usavano per addestrare i soldati alla pugna, portato sulle nostre sponde dal re Pelope.
Sul fatto che di esercizio al combattimento si tratti, c’è poco da discutere.
Esso consisteva nello scontro tra le due Fazioni della città, il Gallo (l’odierna Tramontana) e la Gazza (l’attuale Mezzogiorno). Al proprio interno esse erano divise non in quartieri, come oggi, ma in compagnie.
Oltre al cervo Nero, al Cervo Bianco, al Drago, alla Spina e al Cappelletto (elencati in una rubrica degli statuti del Popolo di Pisa dell’anno 1302), abbiamo anche altre compagnie che si rifacevano a nomi di animali (mitologici o meno) come il Falcone, il Liocorno, il Granchio, oppure che prendevano il nome dal carattere dei combattenti come i Sanguigni, l’Uomo Selvatico, l’Allegra Donna, il Saracino, il Ribaldo o addirittura anche dai mestieri dei componenti, come i Vinai, Fornai, Coiai.
Lo scontro avveniva nella piazza delle Sette Vie o degli Anziani (oggi piazza dei Cavalieri).
Dopo sfide individuali avveniva lo scontro tra le due Fazioni della Città: il Gallo e la Gazza.
I Combattenti erano protetti da gambali, corazza, uno scudo oblungo, appuntito nella parte bassa, e da elmi, detti ceste, muniti di visiera, e tessuti esternamente di vimini. Mentre questi erano di colore dorato per il Gallo, e rosso o vermiglio per la Gazza, le divise che portavano sopra la corazza avevano i colori della propria Compagnia.
La vittoria arrideva alla parte che riusciva a conquistare il territorio “nemico” facendo retrocedere i combattenti della parte avversa.
Il gioco, sospeso con la dominazione fiorentina del 1406, fu ripreso in seguito dai Medici che lo collocarono sul ponte di mezzo. In questa nuova versione i combattenti non si scontravano con mazze e scudi ma con i Targoni, tavole di legno con i colori delle Squadre cittadine, larghe a un’estremità e stretta all’altra.
Altra importante modifica fu la scomparsa delle fazioni del Gallo e della Gazza con le loro Compagnie, sostituite dalle parti di Tramontana e Mezzogiorno e dai loro quartieri (quelli che ancora oggi si affrontano sul ponte).
Il 6 febbraio del 1807, però, la Regina Maria Luisa di Borbone, reggente di Etruria, assistendo alla battaglia, la sospese, per la sua troppa violenza, pronunciando la celebre frase “per Gioco è troppo, per guerra è poco”.