Intervista a Rachele, la ragazza di scoglio in cima alle Alpi

Correre è lo spazio aperto dove vanno a giocare i pensieri. (Mark Rowlands)

19ag0st0 2016 di Paola Ceccotti

Rachele Panizzi è una ragazza dell’80, carina, minuta, con molta comunicativa e con una tempra di ferro. Un sorriso aperto e dolce insieme, grandi occhi azzurri dietro cui si nasconde volontà e determinazione ferma e forte

Per lei lo sport è passione e piacere, ed è per questo che dopo l’esperienza della maratona di New  York (42 chilometri percorsi nella City con uno sperone calcareo ad un tallone nonostante  il comprensibile  disappunto del medico) ha intrapreso questa nuova avventura, partecipando alla seconda edizione del X- Bionic Courmayeur Mont Blanc Skyrace.

Image and video hosting by TinyPicIl progetto di questo concorso è nato insieme alla rivista Correre; la sua candidatura è stata selezionata da una commissione composta da Giuseppe Bovo e Migidio Bourifa per X-Bionic e da alcuni dei più quotati esperti di trail running come Fulvio Massa (che si è occupato della preparazione). La gara è stato l’epilogo di un percorso cominciato a marzo, quando il suo racconto di vita, è stato scelto, insieme a quello di altri quattro atleti (Luca Borgogni di Cuneo, Stefania Carboni di Cassinetta di Lugagnano-MI, Stefano Giacomelli di Domegge di Cadore-Belluno), su un totale di 127 proposte.

La X-Bionic Courmayeur Mont Blanc SkyRace è una competizione che si svolge totalmente in verticale, il tracciato di gara partendo dal centro di Courmayeur raggiunge i 3.466 m. di altitudine di Punta Helbronner, ai piedi dei ghiacciai intorno al Monte Bianco. Si tratta quindi di una marcia in salita con tutte le considerazioni da fare per le variazioni di quota. E Rachele che viene da Livorno si è trovata in un ambiente totalmente diverso e difficile dovendosi arrampicare a quelle altitudini con una atmosfera sempre più rarefatta. Non a caso a fine gara le sembrava di avere “uno gnomo di 50 kg sul petto”, ma non si è arresa; ha scalato, ha corso, ha camminato tanto, ha gattonato, insomma ha dato il tutto per tutto! Perché in cuor suo sapeva che ce la poteva e doveva fare.

Image and video hosting by TinyPicInfatti è stata una gara spettacolare, per chi l’ha vissuta una esperienza fantastica, unica, irripetibile per le emozioni che ha suscitato. Rachele soddisfa la nostra curiosità per questa impresa che appare a chi non conosce l’ambiente delle corse piuttosto singolare ed eccezionale per una ragazza di scoglio, tra l’altro vegetariana (una dimostrazione che le proteine della carne non sono poi così essenziali per una attività fisica, in questo caso certo non ordinaria).

D: Rachele, com’è nata questa tua passione per la corsa?

Ho iniziato a correre nel 2010, correvo per poter vedere il ragazzo di cui mi ero innamorata, io ero fidanzata, quindi per potersi vedere correvamo sul mare, poi il podista è passato, ma la passione per questa disciplina è rimasta. Partecipavo alle non competitive domenicali a giro per la Toscana poi, insieme all’amore per New York, ho unito l’amore per la corsa, il risultato è stato la maratona nella Grande Mela, mi iscrissi ad agosto, iniziai la preparazione, da sola, senza alcuna esperienza e con uno sperone calcareo al tallone sinistro; ricordo che i lunghi la domenica iniziavano alle 5 del mattino poiché il caldo e il sole sono i miei nemici e a novembre son volata oltreoceano, il 3 avrei corso la mia prima maratona, un’emozione incredibile! A 5 km dal traguardo, stavo per mollare, non ce la facevo più e il dolore era lancinante, poi vidi il cartello tenuto in mano da una signora GO RACHEL GO (naturalmente non era per me) e poi a pochi mt di distanza un altro cartello THE PAIN IS TEMPORARY, THE GLORY IS FOREVER, un segno, non dovevo assolutamente cedere, anzi dovevo dare il tutto per tutto e così ho fatto, ho tagliato il traguardo a Central Park tra le lacrime, mi sentivo un supereroe!

D: In cosa è stata diversa l’esperienza della maratona e questa della “corsa in salita”, cioè anche in riferimento all’impegno fisico e mentale necessario per affrontarle?

L’impegno fisico è stato maggiore poiché lo sforzo è stato prevalentemente muscolare, per questo motivo sono arrivata alla gara dopo mesi di allenamento specifico in salita, partecipando ad altri “vertical” e trail. Questa preparazione non comprendeva purtroppo il confronto con la sensazione provata nel correre a quote così elevate, dal momento che la massima quota che avevo raggiunto era stata di 1900 mt, ben lontani dai 3400 che avrei dovuto affrontare nella sky race. Ho dovuto confrontarmi con la mancanza di ossigeno quasi subito, quando al terzo chilometro anche respirare con la bocca non era sufficiente, allora mi sono fermata, ho iniziato a pensare alla maniera migliore per gestire questo problema: andare piano, non farsi prendere dal panico e ogni volta che avevo bisogno mi sarei dovuta fermare per fare il pieno di ossigeno e riprendere energie.

Mentre salivo, mi è stato suggerito di pensare ad un proverbio africano “Un uomo può mangiare anche un elefante se volesse…a bocconi, piano piano, un po’ per volta.”, mi è stato utile!

D: Quale sarà il prossimo obiettivo che ti prefiggi

Per ora non ho niente in programma, per me la corsa è passione e divertimento, è la mia soddisfazione più grande e una cosa me la sono prefissata: smetterò di correre quando non mi divertirà più!

Grazie Rachele è stato un piacere conversare con te un augurio per i tuoi futuri progetti.

 

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