Ajax – Inter
Il trionfo del calcio totale
26luglio 2015 di Lamberto Giannini
Un gruppo di giovani che gridano libertà sessuale e di costumi trasformano il calcio con l’arroganza tipica della gioventù. In tutto il mondo il 1968 è l’anno della rivoluzione ed anche il calcio è dentro questa sconcertante ed intrigante contemporaneità. Best è il profeta che, dopo il trionfo del suo Manchester nel 1968, prepara l’avvento per quello che Nietzsche definirebbe l’oltrecalcio.
Una squadra olandese, di un campionato ritenuto minore, sta per cambiare il modo di giocare. Il calcio, dopo che questo gruppo di ribelli rock e poeti maledetti entreranno sul palcoscenico internazionale, non sarà più lo stesso.
Via la marcatura ad uomo, via il libero staccato, via i ruoli: signori e signore, stiamo entrando nel calcio totale, un calcio che è la sublime sintesi tra forza atletica e fantasia, e per giocarlo occorre essere sicuri di se al limite dell’arroganza, giovani e forti e soprattutto avere un controllo della palla da brasiliani.
Il visionario del nuovo calcio è Rinus Michels, ex centravanti dell’Ajax del quale diventa allenatore nel 1965; in quell’Ajax gioca un bambino di 16 anni che ha già debuttato in serie A segnando anche diversi goal. Quel giovane di belle speranze si chiama Jhoan Cruyff, l’uomo che giocherà sovvertendo le antiche regole del calcio, con un numero superiore all’11, il famoso 14, scelto per ricordare a tutti l’età nella quale ha debuttato nel professionismo.
L’Ajax vinse tre campionati di fila dal 1966 al 1968 ed arrivò in finale di coppa dei campioni nel 1969 surclassato però dal Milan di Rivera per 4 a 1. L’Ajax riuscì ad aggiudicarsi il trofeo nel 1971, ma l’arrivo in finale del modesto Panathinaikos tolse prestigio alla vittoria, tanto che si parlava di edizione sotto tono della coppa. Ma i giovanotti con la maglia bianca con la banda rossa in mezzo, maglia che diventerà un mito per intere generazioni di giovani, tra un schitarrata, una birra e la discoteca, continuano a crescere, e diventano miti come i Beatles: non solo Cruyff ma anche Neeskens, Haan, Suurbier, Muheren, Kroll sono amati e venerati dai giovani di tutta Europa.
La finale del 1972, giocata il 31 maggio a Rotterdam, è una finale tra il vecchio calcio dell’Inter di Mazzola, Burnich, Jair e Corso, già vincitrice di due coppe grazie al tradizionale ed eroico catenaccio, e la squadra del calcio totale orfana di Michels che ha preferito i soldi del Barcellona. Gli amanti del calcio sono divisi in due fazioni. uno scontro epico tra tradizione e modernità, da una parte i conservatori, che sperano che il calcio non cambi perché è troppo bello così, perché si rischia di farlo diventare, come accadrà, un gioco per atleti e non per poeti, e chi invece vuole la rivoluzione sfrontata, leggera di un calcio di vigore giovanile accompagnato dall’estro degli interpreti.
Una partita dominata dagli olandesi, ma che l’Inter riesce a limitare, grazie anche alle parate del giovane Bordon. Nell’intervallo nei bar, nei pub si discute: i conservatori dicono grande Inter, li ha fatti sfogare, ed ora con il contropiede si prende la coppa, mentre gli amanti del contemporaneo si sono goduti il dominio della follia e della vigoria, ma comunque sono preoccupati: è ancora 0-0 e l’Inter è piena di marpioni.
Inizia la ripresa, gli olandesi sono indemoniati, non lasciano respirare l’Inter, nel calcio italiano si era abituati a giocare con calma, ad alzare la testa, gli avversari lasciavano fare, il pressing era uno sconosciuto, ed al limite si usava per difendere non per aggredire.
L’Inter non riesce ad uscire dalla propria tre quarti, i giocatori non possono respirare, sono in confusione mentale, gli olandesi non sbagliano una palla, l’Inter può solo rinviare, un’agonia, finalmente gli olandesi sbagliano il passaggio, la palla viene intercettata da Frustalupi che con calma riflette su come ripartire, e mentre pensa gli olandesi riconquistano palla che finisce tra i piedi di quello che dovrebbe essere un terzino ma è sempre in attacco, Suurbier che la mette dentro.
Per fortuna dell’Inter proprio sul portiere, ma la difesa è in agitazione, il portiere si scontra con un difensore ed intanto alle loro spalle si è sfilato con un movimento magico Cruyff, che dolce carezza con il petto il pallone che scivola mansueto a terra, riconoscendo il tocco del padrone, e viene appoggiato in rete.
Venti minuti dopo ancora Cruyff di testa in mezzo ai marcantoni della difesa interista prende il tempo ed insacca. Gli ultimi minuti gli olandesi palleggiano e l’Inter smarrita guarda: solo Mazzola cerca di scuotere la squadra, ma è solo orgoglio… è iniziato un altro calcio. Calcio che si confermerà l’anno successivo quando L’Ajax affronta un’altra squadra italiana, la Juventus di Causio, Capello e Bettega. L’Ajax vincerà la sua terza coppa di misura ma i bianconeri non vedono mai la palla.
Tornando al 1972 l’allenatore interista era convinto che Cruyff fosse arginabile con la classica marcatura ad uomo e aveva scelto come marcatore il malcapitato Lele Oriali, che uscì distrutto da quella finale: in carriera non vinse mai la Coppa dei Campioni ma si rifece dieci anni dopo con la nazionale di Bearzot, risultando il migliore in campo nella finale contro la Germania, dove venne picchiato sistematicamente dal frustrato Stielike.
Finale che ha fatto entrare Oriali nella storia della musica Pop visto che Liga gli ha poi dedicato “Una vita da mediano”.
Mentre Cruyff , dopo tre Coppe dei Campioni, lasciò l’Ajax da vincitore, ma ai mondiali del 1974, nonostante Michels in panchina, gli arancioni dell’Olanda che dettero spettacolo furono sconfitti dal pragmatismo tedesco, anche se non venne sconfitta una filosofia visionaria che aveva costruito l’oltrecalcio basata su concetti semplici ma difficilmente applicabili, come prendere palla e cercare il goal.
Cruyff è poi diventato allenatore e maestro di Pep Guardiola, al quale ha insegnato ad inseguire le visioni, e Pep, quando è diventato allenatore, ha realizzato una nuova rivoluzione: ma questa è un’altra storia, sebbene tutte storie siano legate e collegate al fascino delle finali di Coppa dei Campioni, dove o si vince o si muore.
Post precedenti:
La finale di champions league 1962. Real Madrid – Benfica -2–
La finale di champions league 1956. La prima finale di coppa dei campioni -1-