Un piano Marshall contro la povertà

L’analisi del voto, sia quello delle elezioni amministrative, sia quello referendario per le caratteristiche che ha assunto pro-contro il Presidente del Consiglio e il suo governo, ha mostrato quanto l’aumento della povertà e la crescita delle disuguaglianze si traducano in un malcontento che punisce chi ha responsabilità di governo e non ha assunto come priorità la questione sociale

18gennaio 2017 di Leopoldo Grosso *e Don Armando Zappolini **

Il crescente impoverimento del ceto medio di fronte all’allargarsi della povertà assoluta e relativa,le diminuite possibilità di mobilità e ascesa sociale,la mancanza di lavoro per i giovani,la disoccupazione e l’assoluta insufficienza degli interventi di protezione e di tutela delle persone e delle loro famiglie rimaste senza reddito,gli sfratti esecutivi per morosità incolpevole che spesso esitano nella separazione del nucleo alla ricerca di un’ospitalità provvisoria, pongono oggi alla politica domande ineludibili e l’assunzione di chiare priorità .L’esigibilità dei diritti sociali e il rispetto degli articoli della Costituzione in merito richiedono la creazione di un «piano Marshall» per l’occupazione che sappia coniugare reddito e opportunità di lavoro, a partire dalle tante urgenze e necessità che, dall’agricoltura alle energie rinnovabili,dal dissesto idro-geologico alla valorizzazione dei beni culturali, dal lavoro di cura alla protezione dell’ambiente, i vari territori avvertono e denunciano.

I venti miliardi del decreto «salva banche» hanno dimostrato che, quando c’è la volontà politica, le risorse finanziarie sono reperibili. In 18 miliardi è stata stimata la spesa per il reddito di cittadinanza, la misura di contrasto alla povertà e di inclusione sociale di cui tutti i paesi europei sono dotati tranne Italia e Grecia. Non è tollerabile la comparazione tra uno «scudo» a protezione di chi ha investito in titoli truffaldini più di 100.000 euro e un sussidio di 400 euro solo a chi, con figli, per poterne beneficiare, non deve avere un reddito superiore a 3000 euro annui! Se ne avvantaggerebbero 2 persone povere su 10. È la celebrazione del paradosso dell’ossimoro dell’«universalismo selettivo» proposto dal ministro Poletti. Sono le briciole di un miliardo e mezzo di stanziamento quando, per tamponare la situazione, tutti gli studi asseriscono che ne sono necessari almeno 8 miliardi. È elemosina anticostituzionale.

La campagna «Miseria Ladra», nata tre anni fa e declinata nei vari territori di tutta Italia sotto la spinta del Gruppo Abele e di Libera che l’hanno promossa intende rilanciare, città per città, le iniziative di contrasto alla povertà e alle disuguaglianze sociali, con l’obiettivo di creare reti di associazioni e di cittadini che si attivino a partire dalle necessità territoriali, coniugando la protesta con la proposta, l’aiuto alle persone indigenti e in difficoltà con la sollecitazione e la collaborazione con gli Enti locali. I Comuni che mostrano adeguata sensibilità alla problematica e che, per legge, devono comunque provvedere alle misure di Sostegno di Inclusione Attiva (Sia) la cui finalità consiste nel combinare l’aiuto economico (per quei pochi indigenti selezionati) con la riqualificazione professionale, coi lavori socialmente utili e con le necessità del territorio, non possono pensare in termini autoreferenziali. Spesso, e non solo i Comuni più piccoli, mancano di personale e talvolta anche delle competenze specifiche necessarie. Non è auspicabile che le già ridottissime risorse stanziate per la povertà vengano adoperate, anche solo in parte, per potenziare la macchina dei Comuni e dei Consorzi socio-assistenziali. C’è bisogno dell’apporto di tutti, e in particolare delle organizzazioni che storicamente si sono confrontate con la problematica, con l’obiettivo la valorizzazione delle loro capacità,i bisogni del territorio, il fare – col volontariato e la cittadinanza attiva – « impresa sociale».

È questa la direzione che dovrebbe assumere un provvedimento per il reddito di dignità che abbia il coraggio di non ridursi ad essere una piccola pezza per pochi beneficiari a fronte di una platea molto più ampia di persone in stato di bisogno.

(*)  presidente onorario Gruppo Abele
(**)  presidente del Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza – Parroco di Perignano (Pisa)

Le proposte a livello locale, nazionale ed europeo della campagna Miseria Ladra tratte dal sito ufficiale  www.miserialadra.it :

 La costruzione dell’uguaglianza e della giustizia sociale è compito della politica nel senso più vasto del termine: quella formale di chi amministra e quella informale chi ci chiama in causa tutti come cittadini responsabili. La povertà dovrebbe essere illegale nel nostro paese. La crisi per molti è una condanna, per altri è un’occasione. Le mafie hanno trovato inedite sponde nella società dell’io, nel suo diffuso analfabetismo etico. Oggi sempre più evidenti i favori indiretti alle mafie che sono forti in una società diseguale e culturalmente depressa e con una politica debole.

Proposte e richieste a livello locale

(Comuni, Aree metropolitane, Consorzi sociali, Asl, Regioni)

1. Aumentare il budget di investimento sul sociale, incrementando nei propri bilanci la spesa sociale pro-capite a favore di ogni cittadino.

2. Sospendere l’esecutività degli sfratti per “morosità incolpevole” e negoziare soluzioni abitative alternative in modo da evitare la dispersione della famiglia e l’ampliamento delle fasce di popolazione dei senza dimora

3. Rendere esigibile il diritto a una residenza per i senza fissa dimora, quantomeno nominale o “fittizia”, in modo che le persone che ne sono prive possano fruire delle prestazioni sanitarie e sociali garantite per tutti i cittadini

4. Mettere a disposizione il patrimonio immobiliare sfitto per finalità sociali, individuando le mediazioni sociali necessarie, senza ledere i diritti, in particolare dei piccoli proprietari, ma evitando l’inutilizzo di risorse facendo incontrare l’esigenza di un’abitazione per scopi abitativi, sociali o lavorativi con l’esigenza della rendita proprietaria

5. Favorire tutte le forme di economia civile e sociale allo scopo di difendere , valorizzare e potenziare i beni comuni di cui dispone o di cui sente la necessità.

Proposte e richieste a livello nazionale

(Governo, Ministeri, Agenzie nazionali delegate)

1. Incrementare il Fondo sociale e il Fondo per la non autosufficienza, aumentando la propria quota di spesa sociale pro-capite per cittadino

2. Introdurre la misura del Reddito minimo per una vita dignitosa, in quanto misura di intervento sociale pro-attiva, come avviene nella quasi totalità dei Paesi dell’Unione europea

3. Rendere efficiente ed efficace il meccanismo di assegnazione ad uso sociale dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose, procedendo ulteriormente nel contrasto economico alla criminalità con la confisca dei beni dei corrotti

4. Riconsiderare i criteri di riscossione dei crediti da parte di Equitalia e del sistema bancario, introducendo modalità di negoziazione per la restituzione che abbiano la finalità di evitare, per molte famiglie, lo sprofondamento nella povertà assoluta

5. Individuare una diversa allocazione delle risorse economiche, a saldo invariato, favorendo:

> il ripristino dell’assetto idrogeologico del territorio

> il rilancio dell’economia civile e dell’agricoltura sociale

> la riconversione ecologica dell’apparato produttivo della filiera energetica

> il riconoscimento e la valorizzazione delle attività del “prendersi cura”

Proposte e richieste a livello europeo

(Commissione Europea, Parlamento Europeo)

1. Stop alle politiche economiche di Austerity. Le politiche fiscali restrittive della UE, in particolare Fiscal Compact e il Patto di Stabilità, devono essere abbandonate perchè responsabili dell’aumento della povertà e dell’esclusione sociale in tutta Europa. Le regole di bilancio devono essere cambiate e l’obiettivo di un “pareggio strutturale” per i bilanci pubblici deve essere sostituito da una strategia economica coordinata che permetta agli stati membri di attuare le politiche fiscali che sono necessarie per uscire dalla crisi. (referendum su politiche economiche europee CGIL)

2. Piano Europeo Straordinario per lo sviluppo sostenibile e l’occupazione (proposta new deal 4- ICE); chiediamo alla CE ed al PE un programma di investimenti pubblici per la transizione ecologica e l’occupazione di 350/400 miliardi in tre anni con fondi provenienti da una tassa sulle transazioni finanziarie che penalizzi la speculazione finanziaria e da una carbon tax per contrastare i cambiamenti climatici e favorire la riconversione energetica.

3. Definizione vincolante dei Livelli Essenziali di Assistenza Europei; chiediamo che il PE definisca i livelli di assistenza europei come elemento fondamentale per garantire una discreta omogeneità di interventi e garanzie di diritti sociali in tutta l’UE.

4. Riutilizzo sociale dei beni confiscati come previsto dalla Direttiva Europea sul congelamento e la confisca dei proventi di reato alla criminalità organizzata approvata dal PE nel febbraio 2014; in un periodo di gravissima crisi i beni confiscati rappresentano uno strumento di coesione sociale e di risposta concreta in termini di nuovo welfare.

5. Confisca dei beni ai corrotti e loro utilizzo per contrastare povertà; la confisca dei beni ai corrotti può generare nuove e importanti risorse da investire nell’innovazione sociale, combattendo allo stesso tempo la crisi contrastando le mafie e la corruzione, responsabili di aumentare le disuguaglianze e la perdita di competitività di settori dell’economia, minando la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

6. Reddito Minimo per una vita dignitosa; chiediamo un impegno affinché parta dal prossimo PE la spinta verso una misura vincolante per tutti gli stati membri, con uno standard minimo riconosciuto del 60% del reddito mediano in ciascun paese a livello individuale, così come previsto con la cosiddetta “raccomandazione sul reddito minimo” indicata nella risoluzione del PE del 20 ottobre 2010.

7. Livelli Essenziali delle Prestazioni a livello continentale; chiediamo che l’UE si doti ed estenda a livello continentale politiche per il Diritto allo Studio che garantiscano il diritto all’abitare, alla salute ed alla mobilità agli studenti fuori sede e agli studenti stranieri.

8. Istituzione banca dati europea del patrimonio pubblico e privato inutilizzato; il recupero degli spazi inutilizzati rappresenta una risposta concreta alla crisi ed un’occasione per creare lavoro e cultura e per soddisfare bisogni e diritti.

9. Diritto di voto ai migranti e ratifica della Convenzione dell’ONU del 18-12-1990 “sui diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie”; immaginiamo l’Europa come uno spazio culturale aperto con un’identità plurale e dinamica, fondata sul riconoscimento delle diversità, sulla promozione delle libertà e dei diritti, sul rifiuto di ogni forma di discriminazione, sul ripudio della xenofobia e del razzismo. Nell’attuale fase di crisi è fondamentale che la UE rafforzi il suo impegno nella lotta a tutte le forme di discriminazione, contrastando le spinte nazionaliste e populiste.

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