36 insegnanti madrelingua Università di Pisa in sciopero dal 12 novembre per rispetto e tutela diritti di lavoratori

“L’insegnamento delle lingue straniere è un servizio qualificante per gli studenti. Sostieni la nostra lotta!”

E’ l’appello dei 36 insegnanti di madrelingua straniera dell’Università di Pisa in sciopero dal 12 novembre per rivendicare il rispetto e la tutela dei propri diritti di lavoratori. Dal pieno diritto alla malattia alla piena fruizione ai permessi per lutto. Né più né meno di quanto previsto dal Contratto Nazionale di Lavoro di tutti i lavoratori dell’Università.

16novembre 2018 di Beatrice Bardelli, Pisa

Sono scesi in sciopero i Lettori di madrelingua straniera che lavorano nell’Università di Pisa.

Uno sciopero a scacchiera, ovvero a sorpresa, di astensione dal lavoro in tutti i dipartimenti universitari in cui insegnano: per un’intera settimana, da lunedì 12 a venerdì 16 novembre. Scioperano, fanno cortei ed organizzano presidi davanti al Centro Linguistico Interdipartimentale (CLI), di fronte alla Facoltà di Lingue ed anche di fronte al Rettorato per conquistarsi quella visibilità che non hanno mai avuto e per rivendicare il rispetto e la tutela dei loro diritti di lavoratori. Ed è per questo che la loro protesta è stata sostenuta ed appoggiata già da tempo dalla Federazione Lavoratori della Conoscenza (Flc) della CGIL di Pisa. Non sono un esercito.

Numericamente sono solo 36 insegnanti ma ognuno di loro rappresenta un mondo perché è portatore ufficiale della cultura linguistica di altrettante nazioni presenti sul nostro pianeta. Questi Lettori di madrelingua straniera, pur avendo un contratto a tempo indeterminato, non godono all’Università di Pisa degli stessi diritti che vengono loro riconosciuti in altri atenei italiani.

La denuncia.

Come si apprende dal loro volantino, l’Università di Pisa, tra le altre cose, non riconosce ai Lettori 1) il pieno diritto alla malattia, costringendoli a recuperare le ore di lezione non fatte; 2) la piena fruizione ai permessi per lutto, grave infermità, concorsi ed esami, studio, ecc, che invece hanno gli altri lavoratori dell’Università, così come previsto dal Contratto Nazionale di Lavoro. Inoltre, denunciano ancora i Lettori: 1) l’Unipisa, da un anno all’altro e senza alcun preavviso, ha imposto ai Lettori un carico del 33% in più di ore di lezione a parità di stipendio, cancellando, così, diversi contratti a tempo determinato e facendo perdere il posto di lavoro a diversi loro colleghi; 2) ha discriminato i Lettori assunti negli ultimi 10 anni pagandoli molto meno degli altri colleghi, pur svolgendo le stesse mansioni; 3) ha deciso di non promuovere più l’insegnamento delle lingue orientali, cinese e giapponese, in assoluta controtendenza rispetto ai propri obiettivi di internalizzazione. Sono stati persi, infatti, 3 contratti a tempo determinato di inglese, tedesco e cinese e giapponese sostituiti da contratti ad ore dove è il Lettore stesso che deve cercarsi gli studenti per far partire il corso. In pratica, questi Lettori, di fatto insegnanti universitari, sono costretti a mendicare il proprio posto di lavoro. Roba da “Les Misérables” di Victor Hugo, roba indegna in un’Italia che fa parte, insieme a USA e Germania, del G7, ovvero delle 7 nazioni più potenti al mondo, con la ricchezza nazionale netta più grande al mondo. I 36 lettori in sciopero denunciano che da più di sei mesi stanno aspettando una risposta ai loro problemi da parte dell’Università di Pisa che “affida ogni anno circa 15.000 ore di insegnamento delle lingue straniere ai lettori senza riconoscerne la loro professionalità”. Per informare studenti e cittadini dei motivi della loro lotta e per essere sostenuti nelle proprie rivendicazioni di lavoratori hanno lanciato una petizione online su Change.org che si può leggere e firmare al link: https://www.change.org/p/paolo-maria-mancarella-uniamoci-per-i-diritti-dei-lettori-insegnanti-madrelingua-dell-università-di-pisa-9a8ecfda-4d76-4253-9949-3f4e8bfbebb8

Una lotta infinita.

Nello specifico, se posti di lavoro e stipendi continuano ad essere coperti da stanziamenti ministeriali, il contratto di lavoro dei Lettori di madrelingua straniera ha subito negli ultimi quarant’anni un peggioramento e un declassamento continui. Equiparati fino al 1980 agli assistenti universitari, con il dpr 382 di quell’anno cominciano i guai perché non viene specificato se si tratta di lavoro autonomo o di lavoro dipendente. L’unica cosa chiara è che si tratta di contratti di diritto privato che fissano un tetto massimo di stipendio, quello iniziale del professore associato a tempo definito, ma non un tetto minimo. I contratti diventano annuali e rinnovabili per non più di cinque anni. Il caos nelle Università regna sovrano. L’Università di Pisa si distingue già allora sul piano nazionale perché decide di far lavorare i Lettori per 352 ore annue come i professori ma assume i Lettori come lavoratori autonomi senza diritti: all’assistenza sanitaria, versamenti per le pensioni e via dicendo. Allo scadere dei 5 anni iniziano i ricorsi per il riconoscimento del lavoro subordinato (e non privato) e contro i termini del contratto. Le prime cause ad avere successo sono quelle che riconoscono il lavoro subordinato e le Università vengono condannate. Ai versamenti contributivi, a pagare le ferie e la tredicesima. Ma c’è un “ma”. Gli stanziamenti ministeriali rimangono invariati così le Università detraggono i contributi dovuti dallo stipendio. I Lettori sono, in pratica, costretti a pagare la parte dei contributi che spetterebbe al datore di lavoro. E lo stipendio netto diminuisce.

Diritti in più, sì, ma soldi in meno!

Il problema degli stanziamenti ministeriali che rimangono invariati accompagnerà la storia dei Lettori ancora per anni. I ricorsi contro i termini del contratto trovano giustizia nella famosa sentenza del 1989 della Corte di Giustizia europea che giudica discriminatorio la limitazione del contratto di lavoro in quanto esiste solo per i Lettori. Ma in Italia quella sentenza viene interpretata…all’italiana, ovvero si considera abolito solo il termine dei 5 anni. I contratti rimangono “infinitamente a termine”: annuale. E quindi i Lettori diventano lavoratori precari il cui futuro dipende unicamente dal professore, titolare della materia. Ripartono i ricorsi. Di nuovo la Corte di Giustizia europea dà ragione ai Lettori e con la sentenza del 2 agosto 1993 costringe tutte le Università dell’Unione Europea a stabilizzare i Lettori di lingua straniera. Gli altri paesi si adeguano. L’Italia no, perché stabilizzare costa ma il governo non ha alcuna intenzione di aumentare gli stanziamenti ministeriali. Come fare? Con una mossa alla Azzeccagarbugli…cambiandogli nome. Con la legge 236/1995 l’Italia abolisce il termine  “Lettore” e lo sostituisce con quello di “Collaboratore ed Esperto Linguistico”. Così, gli ex-Lettori sono costretti a fare un concorso per….riavere i loro stessi posti di lavoro. Ma da “Cel”. Allo stesso tempo anche l’art. 51 del CCNL (1996) contrattualizza i Lettori come “Cel” e trasforma il loro insegnamento in una “collaborazione all’apprendimento delle lingue”. in palese contraddizione con la realtà della vita universitaria.

Infatti, cosa fanno i lettori?  

Intanto sono insegnanti universitari di madrelingua che operano nelle università di tutto il mondo. In Italia sono circa 1800, all’Università di Pisa attualmente 49. Insegnano grammatica, lessico, comprensione e produzione di testi, comunicazione orale e scritta, fonetica e linguaggi specialistici. Portano la cultura e la civiltà dei paesi di origine nelle aule universitarie, preparano il materiale didattico e fanno le valutazioni finali. Tengono corsi curricolari nei Dipartimenti e corsi extracurricolari nei Centri Linguistici. Spesso sono in contatto con le proprie ambasciate e forniscono informazioni su borse di studio e programmi accademici.

I lettori non demordono.

E continuano le battaglie legali ed i ricorsi. Dopo essere stati ribattezzati “Cel”  nel 1995, gli ex-lettori, professionalmente declassati e privati dei loro diritti acquisiti, si rivolgono ai giudici italiani ed europei. Interviene di nuovo la Corte di Giustizia Europea che, con la sentenza del 26 giugno 2001, stabilisce che “la Repubblica Italiana, non avendo assicurato il riconoscimento dei diritti acquisiti agli ex lettori di lingua straniera, divenuti collaboratori linguistici, riconoscimento invece garantito alla generalità dei lavoratori nazionali, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 48 del Trattato (adesso art. 39 CE)”. L’Università di Pisa, per scongiurare una maxi-multa europea, nel 2004 apre una trattativa e la maggior parte dei lettori firma un compromesso: i lettori recuperano l’anzianità di servizio e parte degli arretrati. Sembra tutto risolto, ma siamo in Italia e l’amministrazione universitaria pisana pensa già alla riscossa. Nel 2009 i lettori si vedono privati del pieno riconoscimento del diritto alla malattia, al lutto e agli altri congedi. Nel 2017 l’Università di Pisa incrementa le ore di lezione del 33% a parità di stipendio. I colleghi assunti dopo il 2010 restano esclusi anche dai benefici ottenuti con il compromesso raggiunto nel 2004.

Le domande dei Lettori al Rettore di Pisa.

Si legge nel loro volantino: “Possiamo recuperare la ragione? Chiamare chi insegna insegnante? Vogliamo o no rispettare la dignità delle persone e la loro professionalità? I Lettori chiedono il ripristino del pieno diritto all’assenza per malattia e tutti i diritti di civiltà stabiliti per legge, come la fruizione dei congedi familiari, oltre che la partecipazione alla programmazione didattica, la registrazione integrale dell’attività lavorativa, il diritto di assemblea e i permessi sindacali, il riconoscimento professionale di tutta la categoria”. Per questo i 36 Lettori dell’UniPisa hanno proclamato lo stato di agitazione con interruzione dei servizi didattici. Per questo sono decisi ad andare avanti. Fino alla vittoria finale.

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