Raccolta differenziata a Pisa, tra il “porta a porta” e i processi di privatizzazione

Raccolta differenziata: il sindaco di Pisa non la racconta tutta…

13marzo 2017 da Federico Giusti e Silvio Lombardi, Delegati e Lavoratori Idipendenti Pisa

Il sindaco Filippeschi annuncia, in un commento, l’incremento di oltre il 10% in un anno, della raccolta differenziata:

«Il dato di gennaio 2017 della raccolta differenziata nel nostro comune – 58,4% –  è  davvero positivo: pur non essendo completamente a regime, il balzo di oltre il 10% sul dato del 2016 è la conferma della bontà della scelta di passare al porta a porta nei quartieri e ai cassonetti interrati in centro. I cittadini hanno ben compreso e stanno collaborando attivamente. Restano alcune criticità sparse sulle quali Comune e Geofor stanno lavorando, ma complessivamente è più che positivo questo cambiamento radicale nella raccolta e quindi nelle abitudini dei cittadini».

  • Dati ufficiali certificati dalla Regione Toscana per l’anno 2015: RD di Pisa 43.15%
  • Dati ufficiosi sito Geofor per l’anno 2016: RD di Pisa 47.50%
  • Dati ufficiosi sito Geofor gennaio 2017: RD di Pisa 58.41%

Ma, ancora una volta la riflessione si ferma solo su alcuni dati e non sul sistema dei rifiuti e sulle condizioni di lavoro degli addetti al porta a porta.

La prima domanda da farsi è quella senza risposta, ossia per quale ragione a fronte di una grande Società pubblica, della gestione del ciclo dei rifiuti, dovremmo andare ad una sua parziale privatizzazione. Vendere il 45% delle azioni ad un socio privato presuppone cedere a quest’ultimo anche il management aziendale.

A favore di questo processo non solo gli Enti Locali (per lo più a guida Pd e Filippeschi in primis) ma, anche il cedimento dei sindacati, cosiddetti rappresentativi, ai quali è stato sufficiente un Accordo di Salvaguardia con Clausola Sociale che garantisce il passaggio automatico dei dipendenti delle Aziende comunali e degli Enti Locali alla nuova società. Tra le tante cose è bene ricordare che questo accordo non ha salvaguardato buona parte dei lavoratori degli appalti, quelli per intenderci, che spesso svolgono i lavori più gravosi e ai quali si applicano contratti peggiori (piu’ ore e meno retribuzione e carichi di lavoro elevati) e diremmo quasi insostenibili come dimostra l’alto numero degli infortuni, delle malattie professionali, delle parziali inabilità al lavoro. Parliamo anche di chi preferisce non farsi visitare da un medico, temendo che con una invalidità, possa essere licenziato perché inabile alle mansioni richieste. 

Gli enti locali non hanno mai messo in discussione questo processo iniziato ormai sette anni fa, non si sono neppure sognati di pensare ad una società interamente pubblica. Nei fatti le varie Aziende sono andate avanti per la loro strada, spesso senza atti di indirizzo politici per favorire una organizzazione del lavoro diversa.  Con l’aumento della raccolta differenziata aumenta tuttavia anche la produzione indifferenziata, le due cose dovrebbero escludersi a vicenda ma nei fatti questo accade. La ragione? Manca un controllo a monte della monnezza, la raccolta porta a porta si è poi dimostrata una gestione dei processi lavorativi (svolti dagli appalti) ad elevato tasso di sfruttamento e con poco rispetto della salute e sicurezza della forza lavoro.

I sindacati si sono limitati a rivendicare clausole sociali ma hanno lasciato che i Sindaci decidessero per loro come lavorare, con quali ritmi e con quale asset aziendale. Abbiamo poche settimane di tempo per aprire una discussione , oggi più che mai necessaria. Ma di cosa dovremmo parlare?

  • Intanto partiamo dalle condizioni retributive e lavorative non solo nelle aziende che passeranno alla nuova società ma nel variegato e complesso mondo degli appalti che in questo processo rischiano di essere le vittime sacrificali. Non a caso si annunciano da più parti esuberi, tagli, riduzioni orarie…

Il processo di privatizzazione è veramente ineludibile?

  • Possiamo provare a rimetterlo in discussione, scongiurando che sul ciclo dei rifiuti mettano le mani interessi forti, come quelli delle multinazionali, che sicuramente proveranno a ridurre organici e tutele per i lavoratori.
  • Il ciclo dei rifiuti così come è oggi non funziona, si rischia o di dare vita a nuovi termovalorizzatori o comprare a caro prezzo l’incenerimento in impianti fuori regione, visto che gli attuali inceneritori non sono sufficienti. Ma, è possibile evitare di incenerire una quota importante di rifiuti rivendendo l’organizzazione del lavoro e della stessa raccolta.

Sono questioni ineludibili sulle quali tutti dobbiamo pretendere di dire la nostra senza subire processi di privatizzazione e una organizzazione del lavoro e del ciclo dei rifiuti devastante per i netturbini e dannosa per l’ambiente. 
Quindi non è tutto oro quello che luccica ma, ovviamente Filippeschi di questo non intende parlare.

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