Le più belle finali di Champions League (6): 1999, tutto in tre minuti

coppa dei campioniNon è una semplice finale, è la finale più bella, quella che passerà alla storia per l’epilogo folle

 

bayern monacoBayern Monaco – Manchester Unitedmanchester united

16agosto 2015 di Lamberto Giannini

camp nouE’ il 26 maggio del 1999, lo stadio è il Camp Nou di Barcellona. Si scontrano due nobili decadute, il Manchester United, che cerca di tornare alla gloria dopo i fasti dei Best, e punta molto sulla sapienza tattica dell’allenatore Ferguson da tredici anni sulla panchina dei diavoli rossi, e ci rimarrà altri tredici anni, e il Bayern di Monaco, che si è aggiudicato la competizione nel 1974, nel 1975 e nel 1976 perdendo però le finali del 1982 e del 1987.

Un giocatore di 38 anni attende la finale con ansia: è Lothar Matthaus, che ha vinto tutto in carriera, campionati in Italia e in Germania, Mondiali, Europei ma non la coppa. Matthaus è un tipo tosto, uno che riesce ad attendere, ha perso due finali mondiali prima di alzare la coppa a Roma nel 1990; la finale di Coppa dei Campioni è riuscito a disputarla una sola volta nel 1987 perdendo in modo sorprendente con il Porto dell’Algerino Madjer (il tacco di Allah).

matheus lotharLothar vorrebbe lasciare il calcio con la vittoria, si è allenato, ci crede, può riempire l’ultimo tassello di una gloriosa carriera, ma anche il Manchester è una grande squadra seppure orfana del folle addio di Cantona, il più forte calciatore dello United degli anni novanta che si è ritirato da due anni, a soli trent’anni perche ormai si annoiava.

La partita inizia come ogni finale, le due squadre si controllano ma dopo 5 minuti una punizione di Basler rompe gli equilibri e il Bayern è in vantaggio. Tutti si aspettano la reazione inglese, ma il Bayern controlla in scioltezza, scorrono i minuti e le telecamere inquadrano i volti estasiati di Matthaus che sta per compiere il capolavoro, e Basler che è pronto ad entrare nella storia come l’uomo del goal decisivo nella finale di coppa. Anche l’allenatore Hitzfeld, che si era aggiudicato la coppa due anni prima con il Borussia Dortmund, è rapito dall’atmosfera e decide di far rifiatare Matthaus a dieci minuti dalla fine, Matthaus che si siede in panchina con l’animo di chi può congedarsi dal calcio avendo avuto tutto e la vittoria più bella all’ultima partita, ed a un minuto dal fischio finale toglie Basler, facendo disputare la finale anche al bosniaco Salihamidzic, che entra spensierato per mettere la firma sulla coppa: non può sapere che sta per vivere i tre minuti peggiori della sua carriera. Il cronometro segna il novantesimo, si entra nel recupero, il Manchester sembra cha attacchi per onor di firma, la panchina bavarese è in piedi, si abbracciano tutti, manca poco all’apoteosi.

Calcio d’angolo, sale anche il portiere Schmeichel, la palla è ribattuta con tiro da fuori area sul quale si inserisce l’uomo entrato dalla panchina, Sheringham. Pareggio miracoloso, l’inquadratura sul volto di Lothar è l’icona della delusione, ma poco dopo non sarà delusione ma dramma. Infatti un minuto dopo altro calcio d’angolo, pennella Beckham, dopo vari rimpalli la palla giunge al norvegese Solskyaier, anche lui entrato dalla panchina, che insacca: il dramma tedesco e di Matthaus è palpabile. I tifosi del Manchester allo stadio e nei Pub credono di vivere un sogno magico, qualcuno si da dei colpi per vedere se è vero, altri piangono, anche Sir Alex è più scomposto del solito.

collinaDall’altra parte il dramma sportivo, essere passati dalla vittoria sicura a doversi giocare tutto ai supplementari a perdere, in pochi attimi: non è da tedeschi, Matthaus aveva già vissuto l’incubo di Mexico ‘86, quando la sua Germania, dopo aver rimontato due reti all’Argentina, era stata punita all’ultimo istante da Burruchaga, ma lì aveva 25 anni, poteva riscattarsi: ora è diverso, ora è la fine, la coppa è lì a pochi centimetri ed è irrimediabilmente persa. Scene mai viste, Collina dopo il 2 a 1 fatica a riprendere il gioco, non per l’esultanza dei giocatori inglesi, ma perche i tedeschi sono a terra accasciati che imprecano, si coprono il volto, piangono, Effenberg viene aiutato a rialzarsi dall’arbitro, il giocatore lo guarda smarrito, e chiede a lui come è possibile, Collina si lascia andare ad un gesto di umanità dando una pacca sulla spalla al tedesco. Matthaus poco dopo lascia il calcio europeo e non ci sarà due anni dopo quando il Bayern vincerà la coppa, ma è anche questo il bello del calcio, raramente un giocatore vince tutto, pallone d’oro, coppa dei campioni, mondiale, coppa continentale per nazioni: in Europa ci sono riusciti solo Beckenbauer e Gerd Muller, ma l’assenza del trionfo totale rende più affascinante ed umana una carriera.

Dopo questa edizione ci saranno altre 16 finali, alcune molto belle, ma nessuna eguaglierà questa, giocata male, ma con tutto il sale dello sport, la vittoria scontata che appare scontata, la perdita delle certezze, la rimonta, la disperazione, la magia, tutto in tre minuti.

Si potrebbe parlare della finale persa nel 2005 dal Milan di Ancelotti con il Liverpool di Benitez dopo che i rossoneri vincevano tre a zero e festeggiavano negli spogliatoi, tra il primo ed il secondo tempo. Del rigore sbagliato dal capitano del Chelsea Terry nel 2008, una vita a rincorrere la coppa e quando è lì per raggiungere il sogno scivola e goffamente passa la palla al portiere; si riscatterà nel 2012 vincendo la coppa, ma ironia della sorte non gioca la finale per squalifica.

Così come nel 2003 Nedved non riuscì ad essere il primo calciatore della repubblica Ceca a disputare la finale a causa di un’ammonizione in semifinale, e l’immagine di lui che rimane a terra disperato è l’immagine del fascino della coppa.

guardiolaSi potrebbe parlare delle due vittorie del Barcellona di Guardiola nel 2009 e nel 2011, frutto di un calcio che sembra anticalcio senza cross con poche verticalizzazioni e con una serie di passaggi asfissianti fatti da 10 calciatori che non perdono mai palla, un calcio che ha portato ad umiliare molti avversari. La domanda che Guardiola ancora si pone è questa: quel calcio era frutto della mia visione filosofica o del genio del piccoletto Messi ( tre coppe dei campioni vinte)?.

E quando Guardiola ha cercato di esportare il suo credo in Baviera, nella semifinale contro il suo Barcellona sembrava dimostrare fino al settantunesimo che era lui l’artefice delle vittorie e non la pulce, era riuscito ad imbrigliare tutte le manovre del Barca, ma poi arriva il genio, quello che è in controcorrente con la ragione, che infila due volte il suo vecchio allenatore, la seconda mettendo a sedere il malcapitato Boateng prima di dare un bacino al pallone chiedendo a questo di sfiorare le mani di Neuer ed insaccarsi dolcemente nell’angolino.

Bella anche la finale del 2014, quando l’Atletico di Simeone sta vincendo l’unico derby cittadino della storia delle finali contro il Real, quando negli ultimi secondi sono tutti concentrati a marcare Ronaldo e Bale ma spunta Sergio Ramos, uno vero, uno che ragiona con la sua testa e con quella testa insacca, facendo impazzire i tifosi del Real ed il portiere Casillas che aveva sulla coscienza il goal dell’Atletico.

Tutte storie avvincenti e magiche ma nessuna è al livello di quei tre minuti che impedirono il dominio tedesco, dominio che nel 2002, con l’introduzione dell’Euro, non sarà sportivo ma politico-economico: il Manchester di Fergusson fa parte del Regno Unito che ha rifiutato la moneta unica e gli inglesi amano far soffrire i tedeschi. E Lothar Matthaus continua a sognare la coppa e quei tre minuti, dove dalla panchina ha visto prima la vetta e poi è rovinato a valle, ed è questo il fascino della coppa, godimento di tanti e disperazione anche per grandi campioni che sono riusciti a sfiorarla, ma altri la possedevano e la mostravano fieri, ed il morso di gelosia che lo sconfitto deve provare è simile a quello dell’innamorato.

Sognare non costa nulla ed il mio sogno è quello di assistere ad una finale con il Livorno tra le contendenti, follia, ma cosa costa sognare? Tutti sognano di giocare la finale, nessuno sogna di finire come il bosniaco Salihamidzc, senza nessuna colpa particolare, ma la sua rimane la finale più goffa della carriera di un calciatore entrato a tre minuti dalla fine con la squadra trionfante e arrivato a perderla, senza toccar palla. Per fortuna del bosniaco è riuscito a rigiocare e vincere, trasformando anche un rigore, la coppa del 2001.

boskovMa nessuna finale vinta consola di una sconfitta, e nessuna sconfitta toglie la vittoria precedente, ed il tentativo paga l’esistenza (Sartre) ed i ventidue che corrono in una finale non danno mai l’impressione di giocarsi una partita ma di giocarsi tutto senza appello. Boskow sosteneva che “uomo che rinuncia a birra ghiacciata e finale di coppa per una donna è vero innamorato ma non è vero uomo”.

 

Leggi gli articoli precedenti della rubrica curata da Lamberto Giannini, ne vale la pena:
La prima finale di Coppa Campioni, 1956
La finale del 1962
La finale del 1972
La finale del 1984
La finale del 1994

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About the Author: Luca Stellati